Sacchetti, Giorgio, Sans Frontière. Umberto Marzocchi (1900-1986),Penseur et Acteur de l’Anarchisme Internationale, Paris, Les éditions libertaires, 2020, pp. XV / 301, euro 15,00.
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C’è un nesso comunicativo intergenerazionale che si è replicato con una certa frequenza in ambito storiografico e, prima ancora, nell’empatia militante a partire dall’ultimo Novecento ed è la ragione di quello sguardo d’indagine così insistito di studiosi, politicamente e culturalmente formatisi negli anni Sessanta-Settanta, verso un’altra generazione-contro rassomigliante, almeno nell’esprit, alla loro, quella dei nati al volgere dell’Ottocento. Chissà, forse bisognerà trovarne la ragione nella spasmodica ricerca di una possibile pedagogia rivoluzionaria o, magari, nell’urgente desiderio di poter dare risposte etiche alle inquietudini sociali ed esistenziali poste dalla modernità. Abbiamo conosciuto Umberto (Marzocchi), che ha conosciuto Armando (Borghi), che ha conosciuto Errico (Malatesta), che ha conosciuto Carlo (Cafiero), che ha conosciuto Mikhail (Bakunin). Si potrebbe riassumere così il legame di emozioni e sentimenti che, in maniera quasi inspiegabile, ha tenuto e tiene “insieme” quelle due generazioni. È un lungo filo rosso-nero che non solo non si spezza ma ci testimonia di un agito novecentesco ottimista e aperto, tutto svolto in una dimensione transnazionale e internazionale.
Così, nel 120° anniversario della nascita ed a tre lustri dalla prima edizione italiana (Zero in condotta, 2005), esce in Francia un’ulteriore biografia marzocchiana, aggiornata e rinnovata. Pensiero ed azione racchiusi in una vita, lunga e avventurosa e, questa volta, solo in trecento pagine.
In settant’anni di militanza libertaria Umberto Marzocchi ha attraversato il “secolo breve” in molti dei suoi punti cruciali. Guerre e rivoluzioni tradite nella vecchia Europa ma anche grandi speranze hanno contribuito ad alimentare il fuoco dell’idea socialista anarchica, dal cosiddetto Biennio Rosso al Sessantotto. La sua vita è contrassegnata da straordinarie esperienze: attivista sindacale nell’Unione Sindacale Italiana a diciassette anni, Ardito del Popolo sulle barricate di Sarzana, fuoriuscito, combattente in Spagna e nel maquis francese, esponente della Federazione Anarchica Italiana nel dopoguerra, dirigente nazionale di associazioni antifasciste (ANPI, ANPPIA e AICVAS), impegnato nella corrente “difesa sindacale” della CGIL (poi sostenitore della ricostituzione dell’USI), promotore con Carlo Cassola della Lega per il Disarmo Unilaterale, tra i fondatori nel 1968 dell’Internazionale di Federazioni Anarchiche. La sua ultima detenzione per motivi politici risale al 1977 quando, all’età di settantasette anni, è arrestato in Spagna per la sua partecipazione ad una riunione per la ricostituzione della Federaciòn Anarquista Iberica alla caduta del franchismo.
Mesi fa, in un convegno scientifico dedicato al volontariato in armi in età contemporanea, si parlava proprio dell’eccezionale, irripetibile, esperienza di Umberto. La militanza antifascista e l’antitotalitarismo intransigente sono stati la cifra della sua esistenza.
“Noi restiamo fedeli a quei valori morali per i quali sono caduti migliaia di nostri compagni, per i quali tanto si è sofferto. La permanenza di Franco e del franchismo in Spagna, delle organizzazioni dichiaratamente naziste in Germania, del terrorismo fascista in Francia, degli attentati fascisti in Italia, ci indicano che il fascismo internazionale non disarma. Ebbene, noi dobbiamo continuare a batterci come nel passato, il ciclo dell’antifascismo non è chiuso, la Resistenza non è che una tappa, un fatto vivo e attuale(…) Al lume della esperienza anarchica, noi pensiamo che quanto avvenne in Germania Orientale (1953), in Polonia e in Ungheria (1956) e quanto sta avvenendo in Russia sia il prodotto naturale della concezione autoritaria dello Stato socialista, nella esacerbazione totalitaria della dittatura di partito sul proletariato. I fatti ci hanno dimostrato che nei paesi a regime bolscevico lo Stato è tutto, il popolo è nulla; così come per la militanza comunista il partito è tutto, l’uomo è niente (…)” (U. Marzocchi, 1964).
Ad Umberto non mancava un fine senso dell’ironia, anzi dell’autoironia. Nel fare un bilancio della sua lunga militanza riconosceva di aver “filato molta lana senza aver fatto nemmeno un camiciotto”. Al tempo stesso affermava senza pudori, come ha scritto Venza nella prefazione (ripresa anche nell’edizione francese), “che le sue innumerevoli attività sono state possibili solo in quanto ha goduto del sostegno dei familiari, in particolare della moglie e poi delle figlie, che lo hanno sorretto tra mille difficoltà esistenziali e un cumulo di problemi quotidiani”. È la narrazione antiretorica che, alla fin fine, prevale, esempio vivente del raggiunto equilibrio tra le attese di un cambiamento profondo e totale e i piccoli passi realizzati con sforzi e tensioni.
L’opera si basa sull’analisi minuziosa di una mole imponente e variegata di fonti. L’edizione francese di questo libro, frutto di un lavoro professionale collettivo di notevole livello, vede la luce grazie alla forza di volontà di Didier Roy ed alla fondamentale collaborazione finale di Nicole Thirion e Gianni Carrozza.